Descrizione
Mentre il Festival si avvia alla conclusione, è possibile tracciare un primo bilancio dei dieci giorni di questa 48ma edizione. Un bilancio fatto di numeri che parlano da sé, svelando prima di tutto il carattere sempre più internazionale del Festival: delle 37 compagnie partecipanti, infatti, ben 15 sono arrivate dall’estero, per un totale di 12 Paesi rappresentati da 5 continenti. Sempre altissima anche l’attenzione degli addetti ai lavori, come dimostra la presenza di 187 operatori della cultura, di cui 92 stranieri da 19 Paesi, compresi i rappresentanti di istituti del calibro di Centre Pompidou (Parigi), MoMA PS1 (New York), Onassis Foundation (Atene), Transameriques Festival (Montreal), Kunstenfestivaldesarts (Bruxelles), Theatre Vidy (Losanna), Kampnagel (Amburgo), Mit (San Paolo). Completa il quadro la stampa nazionale ed estera, che sta seguendo con attenzione il Festival al pari della critica specializzata, con la presenza dei giornalisti inviati da La Repubblica, Il Sole-24 Ore, Il Foglio, Il Manifesto, Mouvement. La risposta degli operatori del settore, in ogni caso, è arrivata in parallelo a quella degli spettatori. In attesa dei dati definitivi che saranno disponibili a Festival concluso – siamo comunque oltre quota 22.000 presenze tra spettacoli a pagamento e gratuiti – la 48ma edizione si può già considerare un significativo successo di pubblico.
Alla luce di queste considerazioni, risultano ancora più vuote e prive di peso le polemiche proliferate in questi giorni sui social network e sulla stampa locale. Contestazioni che hanno riguardato prima di tutto lo spettacolo “Multitud”, di volta in volta argomentando contro le scene di nudo in uno spazio pubblico (peraltro precedute da ogni genere di avviso) o contro la qualità della rappresentazione diretta da Tamara Cubas. A scanso di equivoci, la presenza di numerosi avvisi sui contenuti della performance – segnalazioni nel catalogo e sul sito del Festival, cartellonistica e annuncio bilingue prima dell’inizio – lascia dedurre che difficilmente a qualcuno è capitato di vedere lo spettacolo in maniera fortuita: chi vi ha assistito lo ha fatto consapevolmente, quindi non si può considerare la performance un’imposizione, un’offesa o una mancanza di rispetto.
Che dire poi delle contestazioni riguardanti i costi della manifestazione e l’impegno dell’amministrazione comunale in questo senso? Polemiche avanzate senza alcuna cognizione di causa, se è vero che i principali festival italiani ed europei (Avignone, Spoleto e Bruxelles, solo per citarne alcuni) costano da cinque a quattordici volte quanto Santarcangelo, e che il Festival ogni anno ha una ricaduta diretta in termini di spesa pari a 175.000 euro in città, 122.000 in Provincia di Rimini e altrettanti sul territorio regionale. Posatosi il “polverone mediatico”, in ogni caso, queste polemiche più rumorose che numerose si possono simbolicamente condensare in un’immagine: quella dei contestatori che, dopo roboanti annunci sui social, sono accorsi domenica 8 luglio allo Sferisterio per ritrovarsi in dieci di fronte all’ultima replica di “Multitud”, alla quale stavano assistendo circa mille spettatori.
Non si deve fare, però, l’errore di pensare che una situazione del genere esista solo a Santarcangelo: proprio ieri mattina, infatti, presso la biblioteca comunale “Antonio Baldini” si è svolto un incontro tra le principali manifestazioni culturali italiane e internazionali prese di mira dalle destre populiste e da una politica di contestazione qualunquista come mai si era vista prima d’ora. Ma siamo a Santarcangelo, il nostro è un “Festival internazionale del Teatro in piazza”: la piazza è il suo habitat naturale, il Festival si gioca sulla piazza e dalla piazza non può prescindere. Affermazioni come “Quello spettacolo va bene purché fatto al chiuso” non hanno senso, vanno contro l’essenza stessa del Festival.
A proposito del Festival e del suo ruolo, non si può certo considerare una coincidenza il fatto che la Romagna sia diventata un luogo fertile per il teatro contemporaneo di ricerca: gli artisti e i registi affermatisi ad altissimo livello dopo essere passati da Santarcangelo – che oggi dirigono teatri nazionali o sono protagonisti della scena contemporanea – sono talmente numerosi che sarebbe impossibile nominarli tutti. Il riverbero che dal 1971 nasce a Santarcangelo si è esteso anno dopo anno alla Romagna, all’Italia e all’Europa, fino al riconoscimento tra i 12 migliori Festival del continente sancito con l’Effe Award ritirato nel 2015 a Parigi. Santarcangelo è un appuntamento immancabile per le principali piazze teatrali del mondo, una data segnata in rosso nell'agenda degli operatori culturali più importanti del pianeta.
Un patrimonio culturale santarcangiolese, da difendere anche se non si è interessati al teatro contemporaneo di ricerca o non si condividono i contenuti di determinate rappresentazioni. In questi giorni di polemiche ho scelto di tacere, lasciando il dibattito tornasse a un livello più civile, per poter affermare con forza una cosa: il Festival è una ricchezza inestimabile, non lasciamo che sia messo in discussione da contestazioni di basso livello e contenuto discutibile. La dialettica, il confronto e l’apertura sono principi cardine della democrazia, da contrapporre senza alcuna esitazione alla mentalità di chi ragiona sulla società e sul mondo in termini censori e assoluti.
Nei giorni scorsi, a breve distanza dall’anniversario della sua scomparsa (9 luglio), è stata tirata in ballo anche Cristina Garattoni. Probabilmente però senza conoscere la sua storia, dal momento che nella sua esperienza amministrativa è stata tra i più strenui difensori del Festival e della sua libertà d’espressione. Io stessa, semplicemente, mi inserisco nel solco tracciato da Romeo Donati e proseguito da tutti i sindaci che dopo di lui hanno tutelato e valorizzato il Festival: portare avanti un percorso che da quasi cinquant’anni cresce insieme a Santarcangelo e rappresenta una parte imprescindibile della sua storia.
Alla voce del sindaco di Santarcangelo si unisce quella di Massimo Mezzetti, assessore alla Cultura, Politiche giovanili e Politiche per la legalità della Regione Emilia-Romagna: “Il Festival di Santarcangelo, che nel 2020 compirà cinquant’anni, è uno dei festival di teatro più longevi del nostro Paese. In questo quasi mezzo secolo il Festival si è continuamente rinnovato, ha esplorato percorsi artistici sempre diversi. Qui hanno mosso i primi passi alcune tra le realtà più importanti del panorama teatrale nazionale e non solo (Motus, Teatro della Valdoca, Societas Raffaello Sanzio, Fanny & Alexander, Teatro delle Albe, per citarne solo alcuni), facendo di Santarcangelo un avamposto culturale conosciuto in tutto il mondo. La città ha accolto ogni anno nei suoi luoghi e piazze, con generosità, curiosità e spesso coinvolgimento, un festival che non vuole essere una vetrina di spettacoli, ma un luogo di sperimentazione artistica che da sempre si propone di annullare barriere e distanze tra culture diverse e pubblico. Continueremo a sostenere questa esperienza che ha caratteristiche sue proprie profondamente diverse da altre, pure importanti, che sosteniamo in Emilia-Romagna e che, come i dati raccontano, ha una notevole ricaduta economica sul territorio. E continueremo, con forza, anche a fronte di attacchi che appaiono faziosi e superficiali, a difendere l’espressione artistica e a promuovere iniziative che immaginino il cittadino come un individuo sufficientemente ragionevole e responsabile, con una sensibilità anche per chi è altro da sé, e capace di praticare il dissenso in modo civile. Nella convinzione che alzare barriere, fomentare il conflitto, sia in definitiva fraintendere i tempi in cui viviamo e fallire dunque il nostro compito di esseri umani”.
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Ultimo aggiornamento: 27 agosto 2024, 14:17