Descrizione
Si potrà dire che ci sono sacrifici più importanti e rinunce più dolorose in un momento di grande incertezza come quello che viviamo quotidianamente in questi mesi dominati dal diffondersi del virus. Ma credo che per tanti anche il dover fare a meno della Fiera di San Martino, un po’ sagra, un po’ festa e rito collettivo, sia comunque una rinuncia e un sacrificio non da poco.
Accanto al risvolto economico, all’ingente perdita d’incassi e di occasioni di lavoro per le attività locali e per chi viene da fuori, non c’è dubbio che quest’anno ci mancheranno quei profumi dell’autunno che invadono le strade della Fiera: dal vino nuovo alle caldarroste, dalla piadina mangiata per strada alle tradizionali osterie romagnole.
Ci mancheranno i cantastorie e i loro racconti, come ci mancheranno le prelibatezze e prodotti tipici di altre Regioni, perché la Fiera di San Martino ha da sempre celebrato l’incontro fra le genti, lo scambio di prodotti e merci. Ai più giovani mancheranno le giostre del luna park, a tanti la botte di Pitrèt in piazza Molari.
Ma se anche questo sacrificio deve essere fatto – e deve essere fatto tenendo conto della ripresa dei contagi – allora che abbia un senso, che serva a qualcosa. È per questo che non ci stancheremo di ripetere che i nostri comportamenti e nostri modi di rapportarci con gli altri sono decisivi per fermare il Coronavirus: dall’uso della mascherina al distanziamento fra le persone, dall’abitudine di lavarsi le mani di frequente fino al rispetto delle nuove limitazioni.
Se da un lato tutti noi possiamo fare molto per fermare questa seconda ondata, dall’altro non vogliamo comunque perdere l’occasione perché ciascuno a modo suo – nel rispetto delle prescrizioni per ridurre la diffusione del Covid-19 – possa trascorrere un sereno San Martino, rinnovando almeno in parte la tradizione con una piadina salsiccia e cipolla nei locali di Santarcangelo.
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Ultimo aggiornamento: 27 agosto 2024, 14:24