Descrizione
Come sa bene chi segue le tante iniziative che il Comitato cittadino antifascista organizza in occasione delle ricorrenze istituzionali del calendario civile, momenti come il 25 Aprile ci danno l’occasione per una riflessione con cui superare i confini di Santarcangelo e guardare il mondo intorno a noi.
Un mondo che oggi, come mai negli ultimi decenni, vive un momento di conflittualità drammatica, con guerre praticamente in ogni parte del pianeta – è notizia recente l’ultima in Sudan – e tensioni che rischiano di dare vita a nuovi conflitti ogni giorno che passa.
Ma oggi vorrei tornare a parlare dell’Italia e di un’emergenza che a mio modo di vedere è altrettanto urgente e pressante, specialmente in una giornata come quella di oggi: l’attacco frontale ai valori della Resistenza, dell’Antifascismo e, in ultima analisi, alla Repubblica e alla Costituzione su cui si regge.
Negli ultimi mesi, infatti, abbiamo assistito a dichiarazioni e prese di posizione che non sono assimilabili alle normali schermaglie politiche – che comunque su certi argomenti dovrebbero sempre rispettare determinati limiti – ma hanno dato voce al pensiero di alcuni tra i principali esponenti dell’attuale Governo.
L’ultimo in ordine di tempo è stato il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, che a proposito del calo delle nascite e dell’immigrazione nel nostro Paese ha parlato di “sostituzione etnica”, facendo riferimento a una celebre teoria complottista dell’estrema destra, il cosiddetto “Piano Kalergi”.
Ora, è già abbastanza grave che qualcuno dica qualcosa del genere a titolo personale, in rappresentanza di una forza politica o in un dibattito sui social: purtroppo però queste cose le vediamo e leggiamo tutti i giorni, quindi non dico che ci dobbiamo rassegnare, ma almeno accettare che sia parte del gioco.
Ma una considerazione simile espressa da un Ministro della Repubblica è di una gravità inaudita, non solo per il razzismo che contiene senza nemmeno preoccuparsi di nasconderlo, ma per il fatto di dare cittadinanza nel contesto istituzionale – non solo pubblico, ripeto: istituzionale – a una teoria dell’ultra-destra mondiale che non è altro se non una colossale bufala.
Arrivato il momento delle prevedibili scuse, Lollobrigida ha piazzato la proverbiale pezza peggiore del buco, giustificandosi dicendo di non conoscere il “Piano Kalergi” e allo stesso tempo minacciando querele contro chi lo ha definito, se non razzista, quanto meno ignorante.
Di certo, un ripasso della storia del nostro Paese farebbe bene non solo a Lollobrigida, ma a molti esponenti dell’attuale schieramento di Governo, compresi quelli che ricoprono le più alte cariche dello Stato.
Farebbe bene al presidente del Senato Ignazio La Russa, con i suoi equilibrismi storici compreso quello a difesa dell’ordine del giorno di maggioranza sul 25 Aprile, giustamente non votato dalle opposizioni perché mancante della parola “Antifascismo”.
Non dovrebbe essere difficile vedere, capire e affermare che la Repubblica e la Costituzione sono nate dalla Resistenza e dall’Antifascismo, ma probabilmente questo esercizio è complicato – anche se non dovrebbe – per chi ha un certo tipo di trascorsi e di storia politica.
Io su questo sto con Valentina Cuppi, la sindaca di Marzabotto, che lo ha detto chiaro e tondo: “Sul palco di Monte Sole non ci sarà mai posto per persone che hanno manifestato nostalgia per il fascismo. Per essere a Marzabotto il 25 Aprile bisogna essersi dichiarati antifascisti”.
E badate bene che il mio non è un discorso politico, ma istituzionale: l’antifascismo non deve diventare oggetto di dibattito politico, perché dovrebbe essere una conditio sine qua non per ricoprire una qualsiasi carica istituzionale.
Quando diventi sindaco, o parlamentare o ministro, giurando sulla Costituzione, sei chiamato non solo a rappresentare tutti, ma a farlo in coerenza con i valori che esprime la nostra Carta fondamentale.
Una Carta fondamentale che dovrebbe guidare, come la Dichiarazione universale dei diritti umani, anche l’azione del Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che all’indomani della tragedia di Cutro – quasi 100 morti, compresi 30 bambini – ha accusato le vittime di essere responsabili per la morte dei propri figli.
Concetto poi ribadito un mese dopo, senza fare una piega, dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel corso di un incontro con i sopravvissuti al naufragio. A dimostrare che la gravità di queste affermazioni non è il fatto di pronunciarle, ma il pensiero che ci sta dietro e il tentativo di normalizzarlo.
Ma chi forse più di tutti – ed è davvero paradossale dirlo – dovrebbe davvero riprendere in mano un libro di storia è il Ministro dell’Istruzione e del “merito”, Giuseppe Valditara.
Mi riferisco in particolare alla sua famigerata dichiarazione all’indomani del pestaggio squadrista di due alunni del liceo Michelangiolo di Firenze, a opera di sei ragazzi del movimento giovanile di destra Azione studentesca, notoriamente vicino a Fratelli d’Italia.
Dopo aver attentamente evitato di condannare l’accaduto, salvo poi tentare di sminuire il suo significato politico, il Ministro ha dichiarato impropria e ridicola la lettera agli studenti della preside Annalisa Savino, perché in Italia non ci sarebbe “alcuna deriva violenta e autoritaria, né alcun pericolo fascista”.
Conoscete tutti il motto latino excusatio non petita, accusatio manifesta, non c’è bisogno che lo traduca io per voi, o che sottolinei una volta di più quanto certe dichiarazioni svelino il pensiero di chi le rilascia più di quanto lui stesso non vorrebbe ammettere.
Detto questo, considerando che oggi è anche un giorno di festa e non voglio deprimervi troppo con il mio discorso – farvi arrabbiare sì perché io sono arrabbiata, ma non deprimervi – vorrei concludere ricordando che per fortuna, in questo Paese, c’è ancora chi sa mettere i fatti al posto giusto.
Il primo è il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che nel corso della sua visita istituzionale in Polonia, dal campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau ha pronunciato parole chiare, senza girare troppo attorno alle cose: “I nazisti agirono con la complicità dei regimi fascisti europei, che consegnarono i propri concittadini ai carnefici”.
E ancora: “L’odio, il pregiudizio, il razzismo, l’estremismo, l’antisemitismo, l’indifferenza, il delirio, la volontà di potenza sono in agguato, sfidano in permanenza la coscienza delle persone e dei popoli”.
“Non può essere ammesso nessun cedimento alle manifestazioni di intolleranza e di violenza, nessun arretramento nella tutela dei diritti e delle libertà fondamentali, base del nostro convivere pacifico”.
“Ricordare è dimensione di impegno. È dimostrazione che, contro gli araldi dell’oblio, la memoria vince”. E anche contro gli araldi del revisionismo e della mistificazione, aggiungo io.
Dopo la più alta carica dello Stato, mi fa piacere concludere citando chi si adopera tutti i giorni, non solo idealmente, per trasmettere quegli ideali di impegno, memoria e consapevolezza così ben sintetizzati dal Presidente.
Mi riferisco alla preside Annalisa Savino, già citata, di cui vorrei leggere un breve estratto della lettera indirizzata ai ragazzi del liceo Michelangiolo, per chi non avesse avuto l’opportunità di ascoltarla prima. Una lettera, lo ricordo di nuovo, definita “impropria e ridicola” dal Ministro dell’Istruzione.
“Il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a sé stessa da passanti indifferenti. ‘Odio gli indifferenti’ – diceva un grande italiano, Antonio Gramsci, che i fascisti chiusero in un carcere fino alla morte, impauriti come conigli dalla forza delle sue idee”.
“Siate consapevoli che è in momenti come questi che, nella storia, i totalitarismi hanno preso piede e fondato le loro fortune, rovinando quelle di intere generazioni”.
“Nei periodi di incertezza, di sfiducia collettiva nelle istituzioni, di sguardo ripiegato dentro al proprio recinto, abbiamo tutti bisogno di avere fiducia nel futuro e di aprirci al mondo, condannando sempre la violenza e la prepotenza”.
“Chi decanta il valore delle frontiere, chi onora il sangue degli avi in contrapposizione ai diversi, continuando ad alzare muri, va lasciato solo, chiamato con il suo nome, combattuto con le idee e con la cultura. Senza illudersi che questo disgustoso rigurgito passi da sé. Lo pensavano anche tanti italiani per bene cento anni fa, ma non è andata così”.
Grazie a tutte e a tutti.
Viva la Resistenza e viva la Liberazione.
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Ultimo aggiornamento: 27 agosto 2024, 14:43