Descrizione
A parere dell’ingegnere incaricato di proporre il luogo più adatto ove realizzare la cappella delle Carceri, non vi era «recipiente più conveniente ed ampio, per l’adattamento di detta cappella, della camera superiore del custode, giacché per la ristrettezza e pei confini attuali del fabbricato non può eseguirsi la più che minima innovazione». Al custode dunque venne riservata la metà inferiore del torricino, ove furono ricavate la cucina e la legnaia, nonché il condotto della latrina.
Questa decisione peraltro generò una disputa tra il Comune (proprietario dell’immobile) e la Legazione per la cessione del torricino: forse è per questo motivo che il piano superiore mantenne la funzione di magazzino, vantando oltretutto un accesso indipendente grazie ad una scala esterna che prospettava sulla strada.
Il percorso iniziava dall’ingresso principale e guardando verso mezzogiorno si presentavano questi locali: la camera prima del custode nel corpo centrale, poi entrando nel torricino la cucina con focolare, la camera seconda di abitazione del custode, la camera terza ad uso di legnaia, infine la camera per i «bassi comodi» (i servizi). Queste stanze avevano tutte pavimento in mattoni e soffitto a tavelle con travi.
Ritornando all’andito di ingresso, dopo aver disceso cinque gradini, un primo corridoio introduceva all’altro corpo di fabbrica, quello a tre piani che accoglieva il carcere vero e proprio.
Al piano terreno si trovavano una prima “segreta” e una “larga”, con pavimento in mattoni e soffitto con volte a botte.
Al primo piano, sul lato di mezzogiorno del secondo corridoio vi era la cappella, collocata «sopra la camera prima del custode», mentre proseguendo dal lato opposto si trovavano una seconda segreta e l’infermeria. Su questo piano i pavimenti erano selciati con mattoni a spina.
Il secondo e ultimo piano accoglieva una terza segreta e, nell’estremo di tramontana del terzo corridoio, il carcere delle donne. Anche qui i pavimenti erano in mattoni a spina e i soffitti a tavole sostenuti da bordonali, vale a dire grosse travi.
Tutte le celle, ad eccezione di quelle del secondo piano, ospitavano un letto; nel carcere delle donne erano presenti però tre «tavolacci».
La soffitta sovrapposta alla cappella non risultava accessibile, mentre quella delle carceri aveva il pavimento in mattoni e il tetto «a due acque» (ovvero a due falde) sostenuto da tre capriate costituite da travi d’abete.
Nel 1859, in seguito alla Seconda Guerra d’Indipendenza, il Governo Pontificio fu dichiarato decaduto e la Romagna venne annessa al Regno di Sardegna; due anni più tardi entrò a far parte del neonato Regno d’Italia.
Con la nuova amministrazione gli oneri per la gestione delle carceri tornarono in capo ai comuni, ma non cambiò l’usanza di appaltare le forniture a ditte private, con relativa stesura di verbali inventariali.
Proprio dall’esame di questi inventari si possono ricavare alcuni dati statistici interessanti, che ci danno un quadro generale sulla dimensione delle Carceri di Santarcangelo, nel frattempo divenute “mandamentali”. Il mandamento era un’unità amministrativa intermedia tra il comune ed il circondario: Santarcangelo era capoluogo appunto di un Mandamento, che comprendeva i Comuni di Poggio Berni e Scorticata (l’attuale Torriana).
Scorrendo gli inventari del 1861 e del 1864 non emergono sostanziali differenze per quanto riguarda la descrizione degli ambienti interni, rispetto a quello pontificio del 1856: il torricino ad esempio era ancora abitato dal custode al piano terra, mentre il piano superiore era adibito ad uso magazzino del Municipio.
Passando all’edificio principale, nelle cinque celle - di cui una per le donne - e nell’infermeria erano presenti complessivamente 21 paglioni ad una piazza e altrettante coperte o panni da letto; solo 4 erano invece i paglioni a due piazze, così come le coperte di lana. Possiamo dunque ipotizzare che la capienza delle carceri fosse di circa una trentina di persone.
Nel magazzino erano conservate altre coperte e vestiti, come giubbetti, pantaloni e scarpe. L’oratorio infine accoglieva i tipici arredi liturgici: un altare con quadro e 8 candelabri, apparati da messa, un confessionale e alcuni quadretti e messali.
La durata media della permanenza era solitamente di pochi giorni: essendo “mandamentali” infatti erano destinate ad accogliere i colpevoli di reati minori, anche se quasi mai si arrivava alla capienza massima.
Fonti: Archivio storico comunale di Santarcangelo di Romagna, Biblioteca “Antonio Baldini”; Elia Gallavotti, Giornale di notizie risguardanti Santarcangelo di Romagna 1700-1905, a cura di Silvano Beretta, Il ponte vecchio, 2009
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Ultimo aggiornamento: 27 agosto 2024, 14:32