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Il discorso del sindaco Filippo Sacchetti per il IV Novembre 2025

Le celebrazioni per la Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate si sono svolte sabato 1° novembre

Data :

1 novembre 2025

Il discorso del sindaco Filippo Sacchetti per il IV Novembre 2025
Municipium

Descrizione

Anche quest’anno ci ritroviamo in piazza per ricordare la fine del primo conflitto mondiale e celebrare la Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, che ringrazio per essere intervenute oggi insieme alla Polizia locale, alle associazioni combattentistiche e alle autorità civili.

Nella nostra società le forze dell’ordine e le forze armate rivestono un ruolo fondamentale per la delicatezza del loro ruolo e la centralità delle mansioni che sono chiamate a compiere, anche e soprattutto in tempo di pace e per provare a mantenerla, quella pace così preziosa.

Anche il nostro territorio, nazionale e locale, non è esente da episodi tragici che hanno visto coinvolte le forze dell’ordine: circostanze anche molto diverse tra loro nelle quali devono prevalere sempre la solidarietà umana e l’attenzione nello svolgimento di una funzione complessa e delicata.

Esprimiamo fiducia nell’operato delle forze dell’ordine e delle forze armate, ricordando anche da qui commossi il lutto che ha colpito l’Arma dei Carabinieri appena 15 giorni fa, con tre Carabinieri morti nel veronese mentre svolgevano il proprio lavoro, a servizio della collettività e del bene comune.

Tutti quanti, di questi tempi, non possiamo permetterci di predicare né di praticare la retorica dello scontro: dobbiamo coltivare il dialogo, far sì che il conflitto sociale che alimenta la democrazia non diventi motivo di violenza e sopraffazione, da parte di nessuna delle parti in causa.

Lo dobbiamo a noi stessi e a chi ci sta intorno, anche al di fuori dei confini nazionali: credo ci richiami fortemente in questa direzione anche la gravissima situazione di Gaza, appesa al filo di una tregua fragilissima, imposta con una logica e un linguaggio che non condividiamo.

A Gaza è messa alla prova, dopo il faticoso accordo raggiunto, la capacità della nostra società civile di far rispettare i patti, garantire le necessarie tutele alle parti in causa e soprattutto prestare un soccorso non più rinviabile a chi ha pagato le conseguenze più terribili: la popolazione civile palestinese.

Le piazze di tutto il mondo, di tutta Italia, anche a Rimini e Santarcangelo si sono riempite per chiedere disperatamente un “cessate il fuoco”, che ora sarebbe folle vanificare per l’incapacità di rispettare gli accordi presi, gettando nuovamente il popolo palestinese nell’incubo più nero.

Ce l’ha fatto capire molto bene il Cantiere poetico, la manifestazione che si è svolta nei giorni scorsi qui a Santarcangelo e che ha dedicato ampio spazio a Gaza, alle sofferenze della Palestina e al modo in cui l’arte può fiorire anche in queste circostanze tragiche.

Abbiamo ascoltato dai testimoni oculari il racconto del teatro che continuava a vivere e far vivere nella Sarajevo assediata, trasmesso in filodiffusione i versi dei poeti palestinesi in centro storico, riflettuto sul ruolo della poesia in guerra e sulla possibilità della sua stessa esistenza. 

La poesia è certamente sintomo di un’urgenza di esprimersi non rinviabile, specialmente se nasce in circostanze tragiche come quelle di un conflitto in cui se non si perde la vita, si perde tutto il resto.

Grazie a questa urgenza, la poesia acquisisce un valore di testimonianza ulteriore e più profondo rispetto alle immagini, come spiega molto bene lo storico israeliano Ilan Pappé.

“Siamo grati ai coraggiosi giovani palestinesi che ci hanno fornito una documentazione visiva di ciò che è accaduti a Gaza, un luogo dal quale i giornalisti sono stati esclusi. Queste immagini hanno contribuito a corroborare l’accusa di genocidio e a sfidare i negazionisti”.

“Ma non riescono a descrivere appieno ciò che accade all’anima, alla mente e al corpo degli esseri umani sottoposti a questa disumanità”. Per questo serve la poesia, testimonianza di umanità intatta anche se circondata “da una carneficina e da una distruzione di inimmaginabile portata”.

Lo stesso Tonino Guerra, com’è noto, scrisse i primi versi che avrebbero dato il via alla sua seminale produzione in lingua romagnola all’interno del campo di concentramento di Troisdorf.

Vorrei quindi concludere leggendovi i versi Refaat Alareer, poeta, scrittore e professore universitario di letteratura comparata, ucciso nella notte tra il 6 e il 7 dicembre 2023, in un raid israeliano a Gaza.

Se io dovessi morire
tu devi vivere
per raccontare
la mia storia
per vendere tutte le mie cose
comprare un po’ di stoffa
e qualche filo,
per farne un aquilone
(magari bianco con una lunga coda)
in modo che un bambino,
da qualche parte a Gaza
fissando negli occhi il cielo
nell’attesa che suo padre
morto all’improvviso, senza dire addio
a nessuno
né al suo corpo
né a sé stesso
veda l’aquilone, 
il mio aquilone che hai fatto tu,
volare là in alto
e pensi per un attimo
che ci sia un angelo lì
a riportare amore
Se dovessi morire
che porti allora una speranza
che la mia fine sia una storia!

È per questo che la cultura e l’arte devono, necessariamente, far parte di una giornata come questa: perché sono l’ancora, il salvagente, la resistenza della coscienza collettiva, che può riportarci alla nostra umanità anche nei frangenti più tragici, riconnetterci a quella solidarietà offuscata da questi tempi bui.

Buon 4 novembre a tutti.

Grazie.

Ultimo aggiornamento: 2 novembre 2025, 09:47

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