Descrizione
Si sono svolte questa mattina (giovedì 24 settembre) le celebrazioni istituzionali per il 76° anniversario della Liberazione di Santarcangelo dal nazifascismo. La sindaca Alice Parma e la presidente provinciale dell'ANPI, Giusi Delvecchio, hanno inaugurato una targa - collocata in via della Costa di fronte all'ingresso del Musas - dedicata al partigiano santarcangiolese Libero Darolt insieme ai suoi familiari. Presenti anche il Vice Prefetto vicario, dott.ssa Maria Antonietta Gregorio, esponenti delle forze dell'ordine, delle forze politiche locali e delle associazioni combattentistiche, nonché la classe 4D della scuola elementare Pascucci.
Il discorso della sindaca Alice Parma
Buongiorno a tutti e grazie per la vostra partecipazione.
Ringrazio in particolare per essere qui la dottoressa Maria Antonietta Gregorio, vice Prefetto vicario.
Un saluto anche alla 4D della scuola Pascucci, che è con noi nonostante questo inizio d’anno scolastico così particolare, e al nostro cerimoniere Werter Paesini, che invece è a casa infortunato, con un augurio di pronta guarigione da parte di tutti noi.
Oggi siamo qui per ricordare il 76° anniversario della Liberazione di Santarcangelo e una persona che ha dato un contributo importante alla Resistenza locale: Libero Darolt. Leggendo nei giorni scorsi la storia di Libero, sono rimasta colpita dalla quantità e dalla gravità delle ritorsioni che dovette subire per la sua attività politica, anche al di fuori dei confini italiani. Nel libro “La notte delle bandierine rosse” di Gianni Fucci e Serino Baldazzi si legge infatti che Darolt era emigrato in Francia nel 1926, ma fu espulso dal Paese appena tre anni dopo. Stessa sorte in Belgio, prima del ritorno in Francia e della nuova espulsione nel giro di cinque anni. Le peregrinazioni europee di Libero si concludono nel 1931, con il rimpatrio a Santarcangelo dalla Svizzera.
Dopo una simile odissea ci si potrebbe aspettare una resa, e invece Darolt porta avanti il suo attivismo politico anche a Santarcangelo, nell’Italia ormai dominata dal fascismo. Passa appena un anno quando nel maggio 1932 viene condannato al confino: cinque anni poi ridotti a due da scontare nelle colonie penali di Lipari, Ventotene e Ponza. Tornato a Santarcangelo nel 1934, tre anni dopo è tra gli accusati di un episodio particolarmente controverso: lo sfregio del busto di Mussolini, del quale le autorità incolpano i “soliti sospetti” tra gli antifascisti. Gli oppositori locali del regime sono sottoposti a duri interrogatori, Libero Darolt addirittura alla tortura, ma negano il proprio coinvolgimento. Ciò nonostante, vengono tutti condannati al confino. Questa volta la pena da scontare è di cinque lunghi anni tra Ponza, San Marco Argentino e Rende, prima del ritorno a Santarcangelo che avviene il 27 aprile 1942. Pochi mesi dopo – continuando a tener fede al destino inscritto nel suo nome – Libero Darolt si unisce al 3° Battaglione della Brigata SAP di Santarcangelo per partecipare alla guerra di Liberazione.
Questa è la Storia, e a essere sinceri c’è poco altro da aggiungere, perché raramente i fatti parlano da soli come in questo caso, svelando il significato e i valori alla base delle azioni e delle scelte. Solo una riflessione sulla determinazione, sulla tenacia che portano a rinsaldare i princìpi, invece di abbandonarli per convenienza, all’indomani delle ritorsioni più dure. Il confino era l’istituto con il quale il fascismo intendeva fiaccare la volontà degli oppositori, allontanarli dai legami politici e personali con il proprio territorio, in ultima analisi spegnere il loro spirito combattivo. E invece al confino sono nate amicizie, legami, idee, opere che hanno contributo a far nascere la Resistenza e a tracciare il solco nel quale si è sviluppata la Repubblica italiana. Al confino furono condannati il politico e intellettuale Antonio Gramsci, il futuro presidente della Repubblica Sandro Pertini, il presidente dell’Assemblea costituente Umberto Terracini. Durante l’esilio a Ventotene Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni scrissero il “Manifesto per un’Europa libera e unita”, prima teorizzazione della futura Unione Europea.
Per raccontare il suo confino tra Aliano e Grassano, Carlo Levi scrisse il suo capolavoro “Cristo si è fermato a Eboli”, in cui racconta da vicino le tante piccole meschinità quotidiane del regime fascista. “La paura della libertà è il sentimento che ha generato il fascismo. Per chi ha l’animo di un servo, la sola pace, la sola felicità è nell’avere un padrone e nulla è più faticoso e veramente spaventoso dell’esercizio della libertà”. Così scriveva lo stesso Carlo Levi nel suo saggio “Paura della libertà”.
Ecco, se c’è una cosa che possiamo affermare con certezza è che Libero Darolt non ha avuto paura della libertà. Si è impegnato nell’attività politica, ha combattuto a testa alta le sue battaglie nonostante la forza prevaricante dell’avversario, ha contribuito alla Resistenza e alla Liberazione. Oggi lo ricordiamo insieme a suo figlio Franco e ai suoi familiari, che ringrazio di cuore per essere presenti, con la commozione che si prova per una persona cara e la riconoscenza che si deve a chi si è battuto anche per le generazioni future. Ma il ricordo non si esaurisce con questa cerimonia, perché grazie alla targa che andremo a svelare tra poco, Libero Darolt entra a far parte del percorso “Memoria dei luoghi, memoria delle voci”, creato dal Comune e dall’ANPI insieme agli altri componenti del Comitato cittadino antifascista. Ringraziando idealmente tutti coloro che hanno contribuito a questa giornata, vorrei concludere con un pensiero di gratitudine per Libero Darolt, che con la sua vita e il suo esempio ci ha insegnato una cosa ben precisa: che non dobbiamo avere paura della libertà.
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Ultimo aggiornamento: 27 agosto 2024, 14:25