Descrizione
Eccoci qua, finalmente. Dopo due anni di iniziative “digitali”, in cui abbiamo comunque voluto celebrare la ricorrenza del 25 Aprile in tutti i modi possibili, torniamo finalmente in piazza, a festeggiare insieme.
Dico festeggiare perché questa è una giornata bella, in cui ricordare con gioia e riconoscenza i partigiani e le partigiane che si sono battuti per la Liberazione, oltre alla fine di una guerra che aveva straziato il nostro Paese.
La guerra, in questi mesi, è sulla bocca di tutti noi, sulle nostre dita quando scriviamo sui social, nei nostri pensieri di tutti i giorni. Un’altra guerra ovviamente, una guerra diversa, ma pur sempre una guerra.
Cambiano i tempi, cambiano le storie e le persone, ma la guerra continua a essere quello che è sempre stata: un orribile e insensato strumento di morte e sofferenza per milioni di persone che non l’avrebbero voluta mai.
A Santarcangelo, come sapete, stiamo facendo la nostra parte accogliendo i profughi in arrivo dall’Ucraina, e continueremo a farlo. Perché crediamo nella solidarietà umana, in questa occasione come in tutte le altre.
Perché dobbiamo anche ricordare che la guerra in Ucraina non è l’unica in corso in questo momento nel mondo. Yemen, Etiopia e Siria, solo per citare le situazioni più gravi, sono solo la punta di un iceberg fatto di decine di conflitti.
Di fronte a questi conflitti, ma soprattutto di fronte a quello ucraino, è inutile negare che ancora oggi la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi, come ho già detto qualche tempo fa e voglio ribadire oggi.
Questo è molto grave, perché si considera l’opzione bellica sempre e comunque percorribile, anche se come ultima spiaggia, per “risolvere” le controversie internazionali.
Cosa che puntualmente non accade, perché la guerra non risolve i conflitti, li aggrava soltanto. Nessuno può considerarsi vincitore quando la vita è ridotta a sopravvivenza e i morti ricoprono le strade.
In un bellissimo discorso pronunciato nel 2015 a Stoccolma, Gino Strada – che ci ha lasciato lo scorso anno e mi fa piacere ricordare oggi – ha proposto qualcosa di rivoluzionario: l’abolizione della guerra.
Ecco le sue parole:
Le guerre sono sempre esistite, è vero, ma ciò non dimostra che il ricorso alla guerra sia inevitabile, né possiamo presumere che un mondo senza guerra sia un traguardo impossibile da raggiungere. Il fatto che la guerra abbia segnato il nostro passato non significa che debba essere parte anche del nostro futuro.
La maggiore sfida dei prossimi decenni consisterà nell’immaginare, progettare e implementare le condizioni che permettano di ridurre il ricorso alla forza e alla violenza di massa fino alla completa disapplicazione di questi metodi. La guerra, come le malattie letali, deve essere prevenuta e curata. La violenza non è la medicina giusta: non cura la malattia, uccide il paziente.
L'abolizione della guerra è il primo e indispensabile passo in questa direzione. Possiamo chiamarla “utopia”, visto che non è mai accaduto prima. Tuttavia, il termine utopia non indica qualcosa di assurdo, ma piuttosto una possibilità non ancora esplorata e portata a compimento.
Questo sogno, questa utopia come l’ha definita Gino Strada, deve farci riflettere anche sul nostro quotidiano, ormai caratterizzato da un pensiero e da un linguaggio militaristici, anche se non è l’Italia ad essere in guerra.
La logica degli schieramenti, la contrapposizione inevitabile, la visione binaria per cui sei “o con noi o contro di noi” inquinano le nostre relazioni in modi che a volte è persino difficile percepire.
Ne è un chiaro esempio la polemica di questi giorni nei confronti dell’Anpi, partita dal manifesto del 25 Aprile che anche noi abbiamo scelto di adottare, disegnato dalla fumettista Alice Milani.
Alice era stata nostra ospite nel 2018 per Votes for women, quando aveva presentato il suo volume su Marie Curie alla biblioteca Baldini. A lei ho pensato più di una volta, in questi giorni di attacchi furibondi sui social.
Cara Alice, ti chiedo scusa a nome di tutti. Sappiamo quanto lavoro, intellettuale e creativo, ci sia dietro le tue tavole e siamo capaci di riconoscerne il valore.
Purtroppo, però, come accade spesso ormai, anche in questo caso ha prevalso la voce di chi preferisce aggredire, per superficialità o solo cercando un pretesto per attaccare l’Anpi, utilizzando il tuo lavoro come scusa.
A questo ci porta la guerra vicina a noi, insieme all’esasperazione per due anni di pandemia da cui con fatica stiamo cercando di uscire. Di questo dobbiamo essere consapevoli quando ci relazioniamo con gli altri.
Non dobbiamo mai dimenticare l’orrore della guerra quando festeggiamo il 25 Aprile: una festa che ci ricorda la Liberazione in tutti i suoi significati, dalla dittatura nazifascista e dal supplizio della guerra.
Vorrei quindi concludere leggendovi una poesia, scritta da Gilberto Bugli, che oltre a essere un collaboratore del Comune è anche un eccellente poeta dialettale, che ha scelto i social come principale luogo d’espressione.
Ve la leggo in italiano, per l’originale in dialetto potete chiedere direttamente a lui… la poesia s’intitola “Dove vorrei stare”:
Il posto dove vorrei stare
è una spalla d'aria
che accarezza su un greppo
dove crescono
erbe buone per fare i cassoni
e fiori selvatici,
dove un cane
viene di notte
a seppellire un osso
e torna a riprenderlo
quando finisce la guerra.
Grazie.
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Ultimo aggiornamento: 27 agosto 2024, 14:36